Il camionista eroe: cosa ha fatto in cabina con il terrorista islamico

Ha lottato fino alla fine per cercare di riprendere il controllo del suo camion ed evitare la strage, ma non ce l’ha fatta. Lukasz Urban, 37 anni, è senza vita, il corpo tumefatto, pieno di tagli (forse causati da diverse coltellate), insanguinato. “Ha lottato per la sua vita”, racconta Ariel Zurawski, suo cugino e socio al Corriere della Sera: “Ho visto le foto, mi sono sentito male. La polizia mi ha detto che ha sofferto. Aveva ferite da coltello e da pistola. Dev’essere stata un’agonia terribile”.

Lukasz era partito venerdì mattina 16 dicembre dalla Decathlon di viale Fulvio Testi, a Milano. E’ carico di acciaio per la Thyssenkrupp. Nel pomeriggio è sul Brennero: le telecamere lo riprendono. A Berlino arriva lunedì mattina 19 alle 7 e si innervosisce perché deve aspettare 24 ore, prima di scaricare i laminati e tornare in Polonia. Durante questa sosta qualcuno lo individua. Lukasz è un omone, è alto più di un metro e ottanta per 120 chili di peso. Ha appena postato una foto mentre sorridente mangia un kebab, ha appena chiamato la moglie e però non può rispondere. Ad un certo punto si sa solo dalle tracce satellitari che il tir comincia a fare manovre strane. Va avanti e indietro, s’ accende e si spegne: “Come se qualcuno stesse imparando a guidarlo”. Forse Lukazs è già morto. Il camion prende la Kantstrasse e si lancia sul mercatino di Natale.

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