Contento lui. Non è contenta Fiorenza Mazzini, che si ferma a prendere un caffè in un bar in via Bissolati, a due passi da quella piazza Quirico Filopanti che celebra come gloria locale l’inventore niente di meno dei fusi orari, e invoca il diritto di difendersi da soli se nessun altro lo fa. «Dico, se tu pensi di avere il diritto di entrare a casa mia io avrò pure il diritto di darti un colpo in testa. Non sa che rabbia mi fanno quelli che in tv in questi giorni continuano a fare i buoni. No, questo governo fa schifo. E comunque su Budrio da qualche giorno è sceso un velo nero. Ma non so se mi spiego, le parole io non le so trovare». No, le trova benissimo Fiorenza, stia tranquilla. Il bar di Riccardina intanto è ancora transennato, con la scritta nuova «chiuso per lutto» sulle serrande e quella più vecchia «vendesi» sulla cassetta postale rossa. Come se qualcuno volesse inquinare una scena del crimine ormai frequentata solo da troupe che non sanno con quale inquadratura rendere in tv meno nullo il nulla.
Ieri, fanno sapere gli inquirenti, i Ris hanno isolato due profili del Dna dalla striscia di sangue trovata dentro un bar: quello della vittima e del suo esecutore, probabilmente. Bisognerà vedere se in qualche database quel codice genetico c’è già. Altrimenti resterà là, in attesa che ci sia un arrestato su cui confrontarlo. E oggi ci saranno i funerali di Davide. Mezzo paese, chi asciugandosi le lacrime chi asciugandosi la rabbia, seguirà la salma dall’ospedale cittadino alla chiesa di Pieve di Budrio e poi al cimitero cittadino. Magari se il killer sarà trovato sarà una cerimonia meno triste. E magari no.