Giulio Regeni tradito da un’amica: è la tesi dei Carabinieri del ROS su Noura Wahby, compagna di studi

Le chiamate ci sono, avrebbe riferito, ma si tratta di pura casualità e quell’uomo è solo un suo amico. Nulla di più da spiegare. E dire che s’era dimostrata attiva nel chiedere aiuto e sostegno. Dal suo profilo Facebook accorata implorava: «Trovatelo, per favore». Era il 1 febbraio. Poche ore dopo Giulio, torturato e seviziato da giorni, veniva ucciso.

L’unica volta che la ragazza parla alle autorità egiziane è il 18 febbraio 2016. Viene convocata proprio a Nasr City, il quartier generale della National security, dove sono presenti anche gli investigatori italiani. Possono solo assistere, è vietato fare domande. Conferma quanto scritto sui social, ma fornisce alcuni particolari. Giulio le ha confidato che un tassista l’ha additato come “spia” quando lui gli ha rivelato di essere uno studente.

Questo, a suo avviso, è l’unico episodio che abbia destato timore. Poi parla della scheda sim egiziana utilizzata dal ricercatore italiano. È intestata a lei. Poteva quindi ottenere l’elenco delle chiamate effettuate e dei messaggi inviati. Ed è stata lei anche ad aiutarlo a trovare l’appartamento da condividere con l’avvocato Mohamed El Sayed, colui che durante le vacanze di Natale aveva ricevuto la visita di un ufficiale dei servizi permettendogli di entrare nella stanza di Giulio.