Reggio Calabria – Nuove, importantissime rivelazioni in merito all’omicidio dei due carabinieri, Antonino Fava e Giuseppe Garofalo, che morirono nell’attentato dell’andrangheta nel gennaio 1994. Com’è noto il 30 ottobre inizierà, davanti alla Corte di Assise di Reggio Calabria, il processo al boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e quello a Melicucco Rocco Santo Filippone, accusati di essere i mandanti dell’agguato. Erano anni difficili, in cui furono uccisi, oltre e a Garofalo e Fava, anche altri carabinieri. L’attentato si consumò all’altezza dello svincolo per Scilla, sulla Salerno-Reggio Calabria.
Attentati che rientrerebbero a pieno titolo nell’elenco delle “stragi continentali”. Gli esecutori materiali sono stati Giuseppe Calabrò e Consolato Villani, oggi collaboratori di giustizia. Nelle pieghe dei faldoni depositati in Corte d’Assise, però, sono finite anche diverse informative sul rapporto tra Cosa nostra, ‘ndrangheta e pezzi deviati dello Stato. I famosi Servizi segreti deviati, ormai, ce li ritroviamo in ogni inchiesta che si rispetti: anche in questo caso, avrebbero avuto un ruolo nella strategia stragista di quegli anni.
Gli inquierenti hanno deciso di inserire nel fascicolo le rivelazioni fatte il 4 aprile 2014 dall’ex ambasciatore Paolo Fulci, ex capo del Cesis, ai pm di Palermo Nino Di Matteo e Roberto Tartaglia. Fu Fulci, oggi presidente della Ferrero, a spiegare ai magistrati siciliani i sospetti sulle stragi “continentali” rivendicate dalla “Falange Armata”. “Un funzionario, che ora è morto, che si chiama De Luca del Sisde, che lavorava con me al Cesis, – son le parole di Fulci – mi portò due cartine. In una cartina c’era i luoghi da cui partivano tutte le telefonate di Falange Armata, nell’altra cartina i luoghi dove sono situate le sedi periferiche del Sismi e queste due cartine coincidevano perfettamente”. Quando iniziarono gli attentati, Fulci aveva già lasciato il Cesis e divenne ambasciatore all’Onu.