Ha diretto ‘Il Resto del Carlino’, ‘Il Tempo’ ed è stato condirettore del ‘Giornale’ di Montanelli. Editorialista di Quotidiano Nazionale e profondo conoscitore della politica italiana e internazionale. Il giornalismo perde una delle firme più prestigiose
Era certamente uno dei pochi autorizzati a scrivere la Storia della Prima Repubblica. Grande libro di un grande giornalista. Franco Cangini ci ha lasciati la scorsa notte a 83 anni nella sua casa di San Gimignano che aveva eletto come luogo di riposo e di riflessione, poco lontano dalla Volterra di cui era originaria la sua famiglia.
Quella Repubblica, Cangini, nato a Pescara ma vissuto a Roma imbevuto della vita politica della capitale, l’ha raccontata, analizzata in mille e mille articoli sui nostri quotidiani e nel breve passaggio al Giornale di Montanelli di cui fu anche condirettore. L’analisi e l’approfondimento di chi sapeva, conosceva, scavava. E traduceva in una forma elegante, scorrevole. Inimitabile. Che è andata via via affinandosi nel corso degli anni fino a fare di lui un assoluto numero uno. Punto di riferimento nel conoscere e nello scrivere. Unione piuttosto rara anche nel giornalismo dei decenni passati.
Dote che cercava di trasferire senza salire in cattedra anche a chi lavorava con lui. Ai redattori del Carlino che diresse per due anni dall’85 all’87, e poi al Tempo di Roma che guidò dopo la parentesi al Giornale. Una guida elegante, ferma, ironica. Un direttore con la D maiuscola, esempio di rigore e di onestà intellettuale e personale, dall’approccio distaccato frutto di riservatezza, e forse anche di timidezza, che presto si trasformava in colleganza piena, capace di coltivare solo amicizia, ammirazione e rimpianti. Una eredità e un imprinting che ha lasciato al figlio Andrea, un altro Cangini ora direttore del Carlino oltre che del Qn.