Al San Raffaele primo intervento con microchip sottoretinico
La retina artificiale
Il microchip, denominato Alpha AMS, è prodotto dalla compagnia tedesca Retina Implant. Lo riporta il tgcom24.
La protesi, destinata a persone che hanno perso la vista durante l’età adulta a causa di gravi malattie genetiche della retina, come la retinite pigmentosa,
può ripristinare la percezione della luce e delle sagome di alcuni oggetti e/o persone circostanti.
Si tratta del sistema di visione artificiale in assoluto più evoluto al mondo, che può restituire una visione indipendente da supporti esterni (come telecamere o occhiali).
Come funziona
Il principio di funzionamento si basa sulla sostituzione dei fotorecettori della retina, cioè le cellule specializzate (i coni e bastoncelli)
deputate a tradurre la luce in segnali bioelettrici che arrivano al cervello attraverso il nervo ottico.
I fotorecettori – spiega ancora il quotidiano ONLINE – ormai non più funzionanti vengono sostituiti da un fotodiodo, un microscopico apparato elettronico in grado di trasformare la luce in uno stimolo elettrico.
Il microchip misura circa tre millimetri e contiene 1600 sensori.
Il dispositivo viene inserito al di sotto della retina, in corrispondenza della macula, in modo da stimolare il circuito nervoso che naturalmente collega l’occhio al cervello:
in questo modo si sostituisce all’attività delle cellule non più in grado di fare il loro lavoro.
Attualmente questo nuovo modello – riporta il TGCOM24 – di protesi sottoretinica è stato impiantato solo in pochissimi pazienti ed esclusivamente in due centri europei.
Il 20 gennaio 2018 è stato eseguito il primo impianto italiano, al San Raffaele.
La paziente, una donna di 50 anni, è affetta sin dalla giovane età da retinite pigmentosa, una malattia genetica dell’occhio che provoca la graduale riduzione della vista:
i primi sintomi sono iniziati durante l’adolescenza e in seguito la visione si è gradualmente ridotta fino a esaurirsi totalmente.
“A seguito dell’intervento ci aspettiamo una stimolazione retinica che gradualmente potrà portare la paziente a reimparare a vedere” afferma Marco Codenotti, che aggiunge:
“L’intervento è stato il più complicato che abbia mai eseguito.
Ogni passo è fondamentale e delicato e la riuscita dell’intervento può essere compromessa da un momento all’altro.
L’aver visto il microchip posizionato correttamente è stato per me una grandissima emozione, un sogno realizzato”.