Dopo diverse ore di trattative è stato eseguito lo sfratto di Sergio Bramini, l’imprenditore monzese fallito che rivendica un credito di 4 milioni dallo Stato per lavori fatti dalla sua impresa del settore rifiuti e mai pagati. Lo riporta repubblica nell’edizione milanese
Le forze dell’ordine sono arrivate nella sua villa dove ieri era entrato il leader del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio e questa mattina il segretario della Lega Matteo Salvini per dare sostegno a Bramini, e con loro molte decine di persone.
La trattativa è stata lunga: prima gli ufficiali giudiziari hanno comunicato a Bramini – diventato in qualche modo un simbolo dei piccoli imprenditori alle prese con i ritardati pagamenti della pubblica amministrazione – l’avvio della procedura di sgombero,
negando il rinvio di 30 giorni chiesto dai suoi avvocati, nonostante questi ultimi avessero comunicato di aver trovato un imprenditore pronto a saldare il suo debito.
Soltanto dopo molto tempo, mentre la polizia in assetto antisommossa presidiava la casa, Bramini ha deciso di uscire: con sua moglie e sua figlia ha iniziato a preparare le valigie, assicurando: “Continuerò comunque la mia battaglia”.
Intorno alle 17 è arrivato anche un fabbro per cambiare le serrature della villa di via Sant’Albino 22.
“Devono mettermi le manette”: aveva detto l’imprenditore in diretta Facebook dal profilo del senatore leghista Andrea Crippa, mentre intorno a lui molti suoi sostenitori provavano a inscenare un sit-in.
All’arrivo del questore di Monza, Bramini ha avuto un malore: intorno a lui infatti la tensione è stata a lungo a molto alta, tra amici e altri imprenditori arrivati a dargli sostegno, gridando “Giustizia” e srotolando striscioni.
Al presidio davanti alla villa sono presenti anche alcuni senatori, tra cui Andrea Crippa della Lega, Gianmarco Corbetta e Gianluigi Paragone del M5S