Vi trovò, in assenza del maresciallo titolare della stazione, il vice brigadiere D’Acquisto,
al quale chiese perentoriamente di individuare i responsabili dell’accaduto. Alle argomentazioni del giovane sottufficiale,
che cercò inutilmente di convincerlo sulla casualità del tragico episodio, l’ufficiale tedesco decise la rappresaglia.
Poco dopo, Torrimpietra fu tutta accerchiata e 22 inermi ed innocenti cittadini furono rastrellati, caricati su di un autocarro e trasportati ai piedi della Torre di Palidoro.
Il vice brigadiere Salvo D’Acquisto, consapevole della tragica situazione incombente sugli ostaggi,
ancora una volta affrontò il comandante delle SS per rinnovare il tentativo di portarlo ad una obiettiva valutazione dei fatti.
Nuovamente al giovane sottufficiale venne richiesto di indicare i responsabili del presunto attentato, ma la sua risoluta risposta negativa comportò una irragionevole e spietata reazione.
Gli ostaggi vennero obbligati a scavarsi una fossa comune, chi con le pale portate dagli stessi militari germanici, chi con le mani. A questo punto,
Salvo D’Acquisto si autoaccusò responsabile dell’attentato e chiese la liberazione degli ostaggi,
che ebbe luogo precedendo di poco l’istante in cui egli offrì il petto alla scarica del plotone d’esecuzione nazista
Ai piedi della Torre di Palidoro il ventitreenne vice brigadiere si affiancò così, idealmente, a tutti coloro che nella Resistenza e nella Guerra di Liberazione avevano fatto dono di sé stessi a un ideale di giustizia e di libertà.