Pensioni, addio a quota 100: nessun rinnovo e beffa per gli esclusi

Gualtieri ha spiegato comunque che “è molto complicato e controproducente smontare costantemente quello che c’era prima soprattutto quando si sono determinati diritti acquisiti, delle persone stanno andando in pensione. Non è serio cambiare”. Nonostante questo, un punto fermo c’è, almeno se la maggioranza sarà ancora la stessa di oggi: “Noi di certo non la rinnoveremo”, ha detto il ministro dell’Economia.

Finora quota 100 ha avuto un basso numero di adesioni: sono in totale 176mila le domande presentate al 6 settembre. Numeri molto inferiori alle attese. A conti fatti, come vi spiegavamo in questo articolo, la riforma delle pensioni non è servita a garantire quella “staffetta generazionale” auspicata da Lega e Movimento 5 Stelle. Anche se da reddito di cittadinanza e quota 100 c’è un risparmio di 1,5 miliardi rispetto a quanto previsto inizialmente, la misura finora non è servita ad aumentare l’occupazione portando ad una sostituzione tra lavoratori anziani e giovani.

Pensioni, addio a quota 100: gli esclusi devono lavorare 5 o 6 anni di più

Ma c’è di più. La misura, come detto, resterà con lo schema deciso dal governo precedente fino alla fine del 2021. Ed ecco la beffa: al termine del periodo in oggetto, in assenza di un’armonizzazione c’è il rischio concreto che gli esclusi da quota 100 (ovvero chi maturerà i requisiti dal 2022) si ritrovino con la necessità di cinque o sei anni aggiuntivi di contributi per accedere alla pensione. Uno scalone di 5 o 6 anni, superiore a quello della vecchia riforma Maroni del 2004 che introdusse una differenza di tre anni lavorativi tra il 31 dicembre 2007 e il primo gennaio 2008.