Coronavirus, il poliziotto: “da giorni con la febbre a 39 ma ancora niente tampone”

Coronavirus, quale tutela per le forze dell’ordine? Si moltiplicano le segnalazioni sul territorio italiano.

Pochi giorni fa, a Bologna, un poliziotto, ha dovuto pagare il ticket per una visita. (LEGGI ANCHE: Coronavirus Bologna.”Poliziotto si fa visitare per Covid, costretto a pagare il ticket”)

Questa volta l’allarme arriva da Torino, sulle pagine della Stampa.

“Ragazzi, la febbre non mi passa. Continuo ad avere un forte mal di gola e sono due giorni che il termometro segna 39. Sono a casa, con mia moglie e i miei figli. E del tampone manco se ne parla”.

A parlare è un poliziotto. Neanche 40 anni, impegnato al reparto mobile di Torino. Nelle ultime settimane, prima di sentirsi male, il suo lavoro lo ha portato in luoghi potenzialmente a rischio: ha gestito le giornate di emergenza vissute nel carcere di Alessandria, è stato al Cpr di corso Brunelleschi.

Lui, i suoi colleghi e i reparti delle altre forze dell’ordine. “Da casa, ho subito allertato il medico di base e fatto il 1500. Speravo di poter subito eseguire un test: sto ancora attendendo notizie. E ho paura di contagiare chi mi sta vicino”.

La notizia è corsa veloce tra i colleghi. Non è il primo caso e non sarà l’ultimo, mentre le organizzazioni sindacali dicono di ritrovarsi a gestire una situazione di preoccupazione generale sempre più evidente.

“Come forze di polizia, avremmo dovuto avere un trattamento di riguardo, non certo di favore – dice Luca Cellamare, segretario provinciale del sindacato di polizia Lo Scudo – Invece, pare che questi tamponi siano disponibili nell’immediato solo per eminenti politici e celebrità sportive”.

Quanti sono, a Torino, gli agenti contagiati?

“Questo è uno dei problemi: non lo sappiamo. Perché mancano dati ufficiali e certi. Resta il passaparola e le indicazioni su scala nazionale: tra positivi e sospetti si contano già duemila casi. Vale a dire qualcosa come il 4 per cento di tutti gli agenti”.